Lo abbiamo chiesto a Elisabetta Caruso, agente di prossimità nel quartiere Porto-Saragozza e coordinatrice degli agenti di prossimità della nostra Fondazione

Chi è e di cosa si occupa quotidianamente l’agente di prossimità? 

Chi è l’agente di prossimità?
L’Agente di prossimità, definito attraverso la sperimentazione del lavoro della Fondazione nell’ambito dell’Immaginazione Civica, è una figura poliedrica, in grado di svolgere funzioni fondamentali per l’analisi dei bisogni e l’attivazione delle comunità nella co-produzione di processi nel settore pubblico, nel terzo settore e nell’ambito di strategie aziendali. L’Agente di prossimità è pertanto una figura professionale delle diverse competenze e capacità, necessarie per affrontare le sfide della complessità urbana attraverso le comunità e la logica di prossimità, che emergono come nuovi elementi sociali da cui ripartire per la costruzione di modelli di sviluppo e politici sostenibili, inclusivi e volti al perseguimento del benessere sociale.

In cosa consiste il lavoro dell’agente di prossimità?
L’Agente di prossimità lavora in sinergia con i territori, provando ad affrontare la complessità urbana attraverso il lavoro di coordinamento delle relazioni con cittadinanza, comunità, istituzioni e realtà del territorio, per favorire la creazione di reti territoriali e di accompagnare le trasformazioni urbane su scala di prossimità tramite la pratica dell’ascolto attivo. Gli agenti di prossimità intercettano opportunità (progetti, iniziative, finanziamenti, ecc.) dal territorio o per il territorio per mettere in relazione Comunità, Quartieri, Amministrazione e altre Istituzioni. Siamo professionisti che, attraverso il nostro approccio interdisciplinare, facilitiamo le sinergie territoriali e istituzionali.

Al centro ci sono i bisogni, le opportunità e le risorse, da cui partire per definire relazioni e sinergie. Quale il suo valore sul territorio?
Credo che il principale valore sul territorio dell’Agente, sia quello di porsi come punto di riferimento per le comunità nella costruzione condivisa di progettualità, attraverso la costruzione di legami di fiducia reciproca. Costruire questi rapporti richiede tempo, tempo per conoscersi, ascoltarsi e definire insieme le geometrie delle relazioni, capaci di generare cambiamento e innovazione.

È una figura poliedrica che deve conoscere il territorio e le dinamiche urbane e sociali che lo animano. In che modo funge da raccordo tra le comunità, i Quartieri e l’Amministrazione? Quali le principali difficoltà?
La conoscenza del territorio e delle dinamiche politiche e amministrative della città è per l’Agente di prossimità il primo passo per essere il punto di raccordo tra le comunità e le istituzioni. Alla base di questo ruolo, delicato e complesso, è importante essere riconosciuti e riconoscibili, sia dalle comunità che dalle istituzioni, per poter agire efficacemente e con un approccio trasparente e collaborativo.
Inoltre è fondamentale per noi, e in generale per il lavoro della Fondazione, avere un approccio intersezionale e inclusivo verso i territori. In questo non sempre facile è riuscire a intercettare e coinvolgere tutte le realtà che vivono i quartieri, in particolare le fasce più fragili della popolazione, per le quali sono necessari canali, strumenti e modalità diversificate a seconda dei contesti di riferimento.

Oltre all’applicazione di tecniche e metodologie, è necessaria anche la capacità di lettura di processi e fenomeni. Quali sono le competenze necessarie per svolgere questo ruolo?
Il lavoro dell’Agente di prossimità è prevalentemente sul campo, ascoltando, indagando e analizzando i fenomeni e le dinamiche urbane e sociali. Attraverso i metodi della ricerca sociale, è possibile leggere i processi che stanno alla base delle relazioni tra le comunità e il territorio, ma non è sufficiente. L’Agente di prossimità ha la capacità e le competenze per comprendere le progettualità delle trasformazioni urbane, con uno sguardo quindi più tecnico, per tradurle e renderle accessibili anche ai “non addetti ai lavori”. A partire da questi elementi conoscitivi è importante anche saper progettare e avere capacità manageriali.
Per riuscire in questo scopo e gestire tutti i livelli del lavoro di prossimità, l’Agente non lavora da solo: siamo un team multidisciplinare composto da sociologi, architetti, designer, comunicatori, economisti. Le nostre competenze sono complementari e per questo è importante il lavoro di costante condivisione e coordinamento, in cui ciascuno di noi si arricchisce delle competenze del gruppo, in un rapporto di mutuo apprendimento.

Oltre ad essere Agente di prossimità sei anche coordinatrice delle e degli Agenti di prossimità. In cosa consiste questo ruolo e quale la sua importanza? Quali gli aspetti più complessi da gestire?
Il lavoro delle e degli Agenti di prossimità è trasversale a tutte le aree della Fondazione, nella ricaduta sui territori delle progettualità di scala urbana.
Il lavoro di prossimità si sostanzia quindi nelle relazioni e nelle connessioni con le comunità dei quartieri e della città, all’interno di una visione di più ampia prospettiva capace di tenere insieme tutti i livelli della complessità dei processi urbani condotti dalla Fondazione.
In questo senso, a fungere da raccordo tra le diverse scale, è stata individuata una figura a coordinamento delle e degli Agenti di prossimità atta a favorire lo scambio e il dialogo costante tra il lavoro di prossimità e le progettualità della Fondazione.
Questo si pone come un ruolo di grande responsabilità, in quanto collettore di tutte le istanze dei quartieri ed elemento di raccordo tra la Fondazione e i territori.
Oltre questo sento fortemente la responsabilità di avere cura del team degli Agenti perché, il lavoro sul territorio non è sempre lineare e gestire la complessità che ci troviamo ad affrontare può a volte metterci in condizioni di frustrazione. Il mio obiettivo in questo nuovo ruolo è quindi quello di costruire innanzitutto la nostra comunità, quella degli Agenti, farla funzionare come un organismo armonico, che trova nel proprio essere la capacità e la volontà di agire per lavorare al meglio.

Quali sono i principali bisogni del quartiere Porto Saragozza?
Il quartiere Porto-Saragozza è uno dei quartieri più popolosi della città, nonché molto eterogeneo in termini di caratteristiche fisiche e spaziali e dai caratteri sociali e culturali diversificati.
Dal centro storico, alla collina, fino ad arrivare ad aree caratterizzate da una forte presenza di servizi di scala urbana e metropolitana, aree dismesse o sottoutilizzate.
In questo contesto le comunità che lo abitano variano fortemente a seconda delle zone di riferimento, ma sono tutte accomunate da una forte spinta civica e collaborativa, che rendono il mio lavoro molto stimolante e coinvolgente.
Nel lavoro di questi anni, zona per zona, ho avuto modo di confrontarmi con tante realtà e soprattutto con tante sfide, per cercare di trovare soluzioni innovative per rispondere ai bisogni del territorio.
Tra questi emerge fortemente la necessità di luoghi per l’aggregazione civica, l’attivazione sociale e culturale, rinnovando l’uso e le pratiche degli spazi culturali tradizionali, le scuole, i parchi e i giardini. Si pone inoltre necessario ragionare e lavorare per garantire servizi abitativi e di prossimità ad alcune fasce della popolazione, quali studenti e anziani che popolano densamente alcune zone del quartiere. Così come rigenerare gli spazi dismessi e sottoutilizzati per abilitare e capacitare le comunità ad attivarsi per il bene comune.

Cosa si sta muovendo sul territorio in termini di progettualità in corso e in programma?
Con il nostro lavoro, attraverso i Laboratori di quartiere e altre progettualità, abbiamo raccolto in questi cinque anni bisogni, visioni e proposte delle cittadine e dei cittadini del quartiere, che stanno traducendosi in progetti e interventi: la riqualificazione di alcuni spazi pubblici di prossimità, l’offerta di servizi e attività per le fasce più fragili della popolazione, l’istituzione di nuovi luoghi per l’attivazione civica.
In questo contesto, dalla scala di prossimità si passa inevitabilmente ad una scala più ampia, attraverso progetti in essere, quali ad esempio il progetto Bologna Attiva all’interno del distretto DumBO e la rigenerazione del comparto ACER delle “Popolarissime”.
In previsione sono in cantiere altre grandi progettualità di trasformazione urbana che interesseranno il quartiere Porto-Saragozza nell’arco dei prossimi anni, dalla linea Rossa del Tram, alla riqualificazione dello Stadio, fino ad arrivare alla Città della Conoscenza e Impronta Verde, importanti strategie urbane che ambiscono a rigenerare parti di città, attraverso la definizione di nuovi servizi e infrastrutture ambientali, sociali e culturali che daranno al quartiere e alla città nuovo respiro.

Intervista di Silvia Santachiara

Elisabetta

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