Nasce la carta Carta Ri-mediare, dopo un percorso di confronto di due anni al quale anche la nostra Fondazione ha aderito insieme ad oltre 150 organizzazioni ed esperti nazionali negli ambiti della cultura, della cura, dell’apprendimento e della formazione.
Gli obiettivi sono quelli di proporre strategie di carattere transdisciplinare, trasversale e intersettoriale per affrontare la crisi in atto e di facilitare la costruzione di alleanze fra i soggetti partecipanti.
Negli ultimi anni alle disuguaglianze ed emergenze pre-esistenti si sono uniti gli effetti della pandemia, della guerra, dell’aggravamento della povertà, delle condizioni di lavoro, della situazione ambientale, sanitaria, educativa. Questa crisi complessiva richiede un sostanziale ripensamento e una riprogettazione ecosistemica del modello di sviluppo che migliori la qualità della vita delle persone, delle comunità, dei territori e dell’ambiente.
In un contesto in cui la frammentazione, le diseguaglianze e la disintermediazione accentuano fenomeni di chiusura in ambiti sempre più ristretti da parte sia delle forme associate, sia dei singoli, le tradizionali forme di rappresentanza si sono indebolite o sono venute sempre meno nella loro funzione democratica. Si è quindi voluto creare, tra le numerose organizzazioni e persone, la piattaforma nazionale Ri-mediare. È una piattaforma di interazione collaborativa grazie a cui sia possibile contribuire a delineare ed approfondire:
- un sistema di valori orientato a trasformare una realtà che appare da ri-mediare unitamente alla consapevolezza che la responsabilità di progettare e trasformare il Paese debba essere condivisa tra attori politici, attori sociali ed economici, i/le cittadini/e delle diverse età e anche tra le nostre stesse organizzazioni;
- percorsi di trasformazione mediante visioni, obiettivi, metodi e linguaggi;
- relazioni reciproche che hanno costruito o rafforzato, tra le persone e le organizzazioni coinvolte, un capitale sociale costituito da esperienze, saperi, capacità, competenze e pratiche fondate sulla fiducia, la mutualità e la cooperazione.
La piattaforma aperta che si è così originata è, e vuole essere, uno spazio di apprendimento, una comunità di pratiche, di socializzazione, di elaborazione di proposte, nella diversità e complementarità delle singole specificità.
Dai confronti avvenuti sono emersi diversi temi, tra questi uno in modo particolare è risultato strategico sia perché rappresenta il crocevia di intersecazione e connessione tra esigenze, criticità, opportunità, sia perché su di esso si concentreranno molte delle risorse finanziarie disponibili in questi anni.
Si tratta dei luoghi considerati nelle diverse dimensioni e caratteristiche: fisiche, ambientali, simboliche, culturali, relazionali, comunitarie, etiche, politiche, del lavoro, dell’apprendimento, della formazione, della cura.
LUOGHI
I luoghi sono snodi essenziali per la costruzione di ecosistemi abilitanti e per lo sviluppo di “pratiche di accompagnamento”.
I luoghi, considerati nel loro insieme come ecosistemi aperti di persone e natura, sono contemporaneamente infrastrutture fisiche e infrastrutture immateriali dove si svolgono le forme e le pratiche del lavoro, della cura, dell’apprendimento, della cultura, della democrazia, della generazione, della rigenerazione.
Sono antenne, presidi, reti che necessitano di essere ripensati e costruiti con visioni, progettazioni e competenze adeguate agli scenari odierni, per rispondere efficacemente a bisogni di accoglienza, solidarietà, benessere, convivenza, uguaglianza nelle opportunità, superando concezioni e relazioni con i cittadini improntate alle logiche del consumatore e del fruitore.
Sono sistemi aperti di incontro, emersione di necessità, di idee e di risposte individuali e collettive. Individui e comunità che li abitano non sono solo portatori di bisogni che devono essere soddisfatti, ma anche attori capaci di individuare scelte progettuali che ne determinano evoluzioni e trasformazioni.
Intendiamo la complessità dei luoghi come ecosistemi abilitanti, attrezzati a sostenere lo sviluppo delle pratiche attraverso un lavoro di accompagnamento fatto di osservazione, mappatura, sostegno, valutazione, confronto e messa in relazione secondo un’etica comune costruita su fini e valori dichiarati e perseguiti. Pensiamo che processi e pratiche di accompagnamento siano necessari ad attivare e seguire, in modo duraturo e sostenibile, progetti, percorsi, azioni, trasformazioni.
Nel nostro Paese sono presenti numerosi esempi di pratiche complesse di trasformazione e innovazione sociale, riuscite, che operano nelle direzioni su indicate. Si tratta di esperienze di generazione e rigenerazione dei territori, condotte da soggetti istituzionali, da enti privati, da imprese del terzo settore, dall’associazionismo, da cittadini attivi, e spesso fondate e sviluppate grazie alla messa in campo di alleanze e partnership multisettoriali e multiprofessionali.
Tali esperienze riguardano la costruzione di competenze, l’accompagnamento ai processi di capacitazione di persone e comunità, la progettazione e gestione di interventi sociali e culturali, la creazione di reti e infrastrutture territoriali di prossimità, la trasformazione dei modelli produttivi e organizzativi, la creazione di poli e piattaforme per l’aggregazione e lo sviluppo della partecipazione civica e democratica e di nuove forme di imprenditoria sociale e culturale.
È necessario riconoscere da un lato la valenza pubblica e il valore civico di tali pratiche e dall’altro, sulla base delle sperimentazioni, dei risultati e delle criticità che si sono evidenziate, trasformare i luoghi esistenti e progettare quelli futuri della cura, della cultura, dell’apprendimento previsti nei diversi programmi: case di comunità, asili, scuole, aree rurali e montane, aree sportive, centri culturali, centri sanitari, piani urbanistici ecc.
La valorizzazione di centri e presidi non potrà prescindere da un’azione che agisca sia sugli squilibri e sulle diseguaglianze conseguenti alla differente presenza di infrastrutture, personale, competenze e risorse tra le diverse aree del Paese, sia da una programmazione dell’utilizzo dei fondi che preveda la realizzazione, la gestione e la sostenibilità di infrastrutture fisiche e sociali.
A tal fine sarà necessario predisporre e/o integrare strumenti normativi, procedurali ed economici che superino la temporaneità e la sporadicità di molte esperienze, per permettere percorsi di radicamento e permanenza nei territori, applicando quindi efficacemente alcuni strumenti normativi vigenti (patti educativi, patti di collaborazione, beni comuni, legge del terzo settore, ecc.) e rivedendo l’utilizzo di altri istituti normativi (bandi, concessioni, contributi, ecc.) per favorire percorsi di collaborazione e interventi che sostengano processi, non solo progetti.
VISIONI
Avere delle visioni per noi significa condividere uno sguardo sul futuro possibile di una città, un territorio, un Paese, significa pensare e declinare “come vorremmo che fosse”. Significa elaborare e dichiarare una visione della “polis” che non è solo amministrativa, né solo appannaggio dei politici poiché riguarda tutti/e.
In questo senso le visioni implicano scelte di valori, strumenti, metodi e necessitano di sguardi e di pensieri lungimiranti e ben ancorati nella storia e nel presente.
Un primo valore che intendiamo sostenere è la necessità e l’importanza di un dialogo che consenta il confronto e la messa a fuoco di visioni anche differenti, proprie, ad esempio, di diverse discipline, ambiti professionali, esperienze, competenze, culture, età. Il dialogo da valore dovrebbe diventare anche metodo di lavoro sia tra le reti delle organizzazioni e i vari enti che si occupano di cultura, salute, formazione, sia nel rapporto con le persone e i luoghi nei quali si intende operare, sia ancora nei confronti dei decisori politici e amministrativi pubblici e privati.
Si è parlato e si parla molto di partecipazione, ma la partecipazione, se intesa in modo immediato e superficiale, rischia di non essere sufficiente ed efficace se non si costruiscono condizioni e luoghi all’interno dei quali si possa progettare e realizzare una concreta partecipazione attiva e responsabile che non sia appannaggio solo di alcuni ceti e fasce di cittadini.
Nello spirito della partecipazione attiva l’esigenza è quella d’inserire le persone al centro dei progetti con un’attenzione capillare e la capacità di essere nella realtà di ogni territorio, di affidarsi a chi lo vive per disegnare e sostenere istituzioni e servizi che permettano non solo l’emergere dei bisogni, ma anche delle potenzialità e dei desideri.
Si deve tendere ad un welfare di comunità che conosce e valorizza le diversità personali, culturali, le diverse accessibilità, le fragilità, le dinamiche generazionali e intergenerazionali con attenzione particolare alle fasce giovanili e ai più anziani.
Il welfare culturale deve diventare forza generativa di comunità e può produrre benessere favorendo l'accessibilità attraverso una maggiore diffusione dell’offerta culturale su tutti i territori;
incentivando la partecipazione culturale delle comunità di cittadini; cogliendo e rilanciando la domanda di partecipazione di soggetti anagraficamente appartenenti tanto all’età dei nativi digitali quanto all'età adulta o anziana; favorendo la ricerca e la maturazione di una consapevolezza nuova rispetto alla relazione tra digitale e cultura.
Le policy dovrebbero tendere a co-costruire una nuova responsabilità politica, un nuovo patto con i cittadini nel quale la politica si assume il compito di far emergere e tener conto di disagi, bisogni, risorse, desideri per trasformarli in spinta per il cambiamento.
METODO E STRUMENTI
Pensiamo sia necessario che la riflessione sul metodo accompagni ogni processo sociale e la consapevolezza della sua centralità diventi prioritaria nelle policy e nelle loro realizzazioni.
Si tratta di un elemento essenziale per la messa in atto dei processi trasformativi. Bisogna superare modalità di riflessione e pensiero semplificatorio, riduzionistico, meccanicistico, che non fanno cogliere le connessioni e l’interdipendenza tra i fenomeni in atto. Bisogna favorire la conoscenza e l’apprendimento attraverso la riflessione e l’esperienza complessa, l’esercizio della memoria storica, il confronto e la collaborazione transdisciplinare e transettoriale. Si tratta di imparare a riconoscere, attraverso l’esperienza, gli errori, le valutazioni e gli impatti portandoli a consapevolezza metodologica e progettuale.
In tutto ciò, occorre apprendere la gestione proattiva del conflitto dal quale non possono esimersi progettazioni e realizzazioni autenticamente partecipate in ogni loro fase.
Competenze
Trasformare, progettare e gestire luoghi esistenti e nuovi luoghi richiede un profondo rinnovamento e aggiornamento di competenze. È necessaria un’attenzione specifica all’ambiente, alla transizione digitale, alla sostenibilità, alla partecipazione, all’apprendimento continuo. Sono necessarie figure professionali dotate di competenze specifiche e trasversali.
Abbiamo bisogno di sguardi intrecciati e intersecati per comprendere e affrontare i fenomeni odierni. Bisogna costruire e sviluppare l’unità scuola-educazione-sanità-cultura-ambiente come sistema integrato nel quale è importante lavorare per introdurre e stabilizzare professionisti adeguati e preparati alle pratiche attive e proattive di cura, apprendimento, formazione, cultura.
Sostenere lo sviluppo di tali competenze sia nel settore pubblico, sia in quello del privato, richiede piani di accompagnamento, formazione e aggiornamento professionale mirati e adeguati ai programmi e ai progetti che saranno da realizzare nei diversi ambiti.
Tale percorso di adeguamento e sviluppo di competenze e abilità non può prescindere dall’affrontare la grave situazione di mancanza di organici e specifiche professionalità nei diversi settori e la fragilità del lavoro e dei lavoratori (disoccupazione, precarietà, burnout, dequalificazione, demotivazione.)
Co-progettazione e co-programmazione
La co-progettazione e la co-programmazione sono strumenti fondamentali di trasformazione nei quali si coagulano visioni, competenze, alleanze, ecosistemi abilitanti e pratiche di accompagnamento nei diversi ambiti e luoghi.
Per co-progettazione e co-programmazione si intende l’attivazione di dispositivi complessi attraverso i quali realizzare le politiche di trasformazione strutturale del Paese, superando meccanismi di de-territorializzazione e accesa competizione. Sono strumenti collaborativi da introdurre in modo ampio e diffuso sia nelle procedure amministrative pubbliche sia nelle pratiche sociali delle organizzazioni.
Se vengono create le condizioni necessarie affinché tali strumenti si sviluppino in modo effettivo e permanente, essi sono in grado di rendere efficace il welfare di comunità, produrre innovazione, intercettare e rispondere in modo più adeguato ai bisogni, generare ambienti collaborativi, creare, generare e rigenerare legami e relazioni di comunità.
Co-programmare e co-progettare significa attrezzarsi a ogni livello per instaurare modalità continuative di dialogo. Questo passa attraverso alcune condizioni: la volontà politica dei decisori, delle organizzazioni pubbliche e private e delle comunità dei cittadini, la costruzione condivisa di una cultura della complessità.
Il fine è: allestire dispositivi stabili di confronto e partecipazione con tutti gli attori che accompagnino i processi realizzativi; realizzare luoghi (contenitori fisici, relazionali e simbolici) e contenuti dei luoghi (processi che in essi si svolgono); condividere le ipotesi di soluzione con tutti gli attori (cittadini, decisori, operatori); condividere gli esiti della realizzazione; valutare gli impatti e la coerenza tra realizzazione e risultato; ri-coprogettare.
Co-progettare, co-programmare è difficile, non sono meccanismi, ma punti d'arrivo e di transito di riferimento fondamentale per la trasformazione sociale verso una maggiore e qualificata democrazia. Necessitano dunque di essere previsti e sostenuti.
SI PUÒ FARE
Nel laboratorio Ri-mediare, hanno partecipato e tuttora intervengono: medici, psicologi, urbanisti, giuristi, docenti, educatori, psicoterapeuti, economisti, curatori, attori, architetti, artisti, pedagogisti, amministratori, bibliotecari, funzionari pubblici, designer, comunicatori, massmediologi, sociologi, formatori, informatici, appartenenti a organizzazioni, associazioni, istituzioni italiane, che hanno elaborato sempre in ambiente transdisciplinare e transettoriale possibili direzioni di sviluppo, raccomandazioni e proposte sia per la trasformazione, la valorizzazione e il sostegno di luoghi e pratiche presenti nel Paese, sia per la progettazione e gestione di alcune future infrastrutture previste dal PNRR e da altri piani e programmi.
Si tratta di direzioni di sviluppo, strategie e proposte scaturite dalle riflessioni e valutazioni condotte da operatori che lavorano in tali ambiti e comparti, dalle analisi delle criticità, dei bisogni, e delle esigenze evidenziate da comunità di cittadini, reti e professionisti, da alcune esperienze in corso.
Attualmente il lavoro di approfondimento si è concentrato su alcuni ambiti e luoghi specifici: la cura (case di comunità e creazione di benessere); la cultura (centri culturali, biblioteche, ecc.); l’apprendimento e la formazione (patti educativi, scuole e territorio ecc.).
Sono indicazioni riguardanti percorsi, modalità e strumenti di tipo progettuale, normativo, economico e gestionale avanzati con la consapevolezza che solo con delle concertate politiche ed elaborati piani strategici di scala nazionale e locale si possa costruire un diffuso ed efficace welfare di comunità, valorizzare e sviluppare quanto di risolutivo è stato sperimentato, produrre innovazione sociale per agire nella reale complessità odierna.